I segreti dietro i ciak di Tarkovskij

Un'immagine di scena dal film "Stalker" (Foto: kinopoisk.ru)

Un'immagine di scena dal film "Stalker" (Foto: kinopoisk.ru)

Dalla ricerca dell'ambientazione per "Stalker" alla bottiglia di champagne che ha inaugurato le riprese di "Sacrificio": alcuni dei retroscena più curiosi dei lungometraggi che hanno reso celebre il regista sovietico, nato 80 anni fa

Quando si guarda un film non sempre è chiaro in che modo siano state realizzate le riprese, quale lavoro e quale fatica si celino dietro ogni fotogramma. Russia Oggi ha cercato di raccogliere gli episodi più inverosimili accaduti durante le registrazioni di alcuni film del regista Tarkovskij, nell'ottantesimo anniversario della sua nascita.

C’è voluto diverso tempo prima di decidere dove girare il film “Stalker”. Alcune riprese sono state inizialmente effettuale negli studi di Mosfilm, ma poi la troupe si è recata a Isfara, una città di 40mila abitanti in Tagikistan. La città, scelta per la somiglianza di alcuni angoli al paesaggio lunare, fu però colpita da un terremoto che fece diverse vittime e distrusse il luogo scelto per le riprese.

Molte famiglie, avendo perso la propria casa, si trasferirono a vivere in albergo, spingendo la troupe a rinunciare al progetto. Era quindi necessario cercare un nuovo luogo: inizialmente l’idea si era focalizzata sull’Asia Centrale, in Azerbaigian e in Crimea, ma anche queste zone si dimostrarono poco adatte alle riprese. Dopodiché, la squadra decise di recarsi a Zaporozhe, in Ucraina, dove i cortili delle fabbriche metallurgiche erano pieni di cave e cumuli di scorie fumanti, sulle cui striature metalliche si scorgevano i mille colori dell’arcobaleno. Lo scenario per il film, a quanto pare, era stato trovato, se non fosse che alla troupe è stato detto che il posto era talmente tossico da rendere impossibili le riprese.

La ricerca, alla quale Tarkovskij per molto tempo non ha preso parte, fu quindi allargata alle zone limitrofe di Mosca, finché non si giunse in Estonia, in un vecchio campo estivo abbandonato, circondato da centrali elettriche.


Tutte le scene della pellicola sono state girate diverse volte, fino a sei o sette ciak. “Abbiamo tolto dagli alberi del bosco tutte le foglie gialle, affinché le nuove immagini aderissero con quelle girate precedentemente – racconta lo sceneggiatore Evgeny Tsimbal -. La mattina era necessario aspettare la brina, per evitare che il ghiaccio tutto intorno scintillasse al sole. Nel frattempo gli aceri iniziavano ad ingiallire, ad assumere le sfumature del rosa, del rosso, fino a diventare color porpora. E noi via, a togliere queste foglie, affinché rimanessero solamente quelle più verdi”.

Marianna Chugunova, assistente di Tarkovskij, ricorda: “In primavera ci siamo ritrovati a dover estirpare tutti i fiori gialli in una radura, mentre in autunno siamo stati costretti a piantare più volte l’erba verde, perché di notte gelava e ingialliva per via della brina”. Le riprese sono continuate fino all’anno successivo, quando ormai sul prato erano spuntati nuovi fili di erba ed era necessario strappare tutti i fiorellini azzurri.

Per inaugurare le riprese del film “Sacrificio” Tarkovskij decise di rompere, come vuole la tradizione, una bottiglia di champagne, convinto che fosse di buon auspicio per il lavoro. Ma la bottiglia non si ruppe. Forse un presagio per questo film così mistico?

La scena dell’incendio è invece stata preparata molto accuratamente. Si è dato fuoco alla casa che era stata costruita in cinque mesi appositamente per il film: quella casa sarebbe stata pronta a qualsiasi cosa. Tutto intorno sono stati sistemati cavi elettrici e fuochi d’artificio affinché l’edificio ardesse bene. E così è stato. Ma la telecamera non ha funzionato, mandando in fumo le riprese. E provocando in Tarkovskij un enorme shock e una forte crisi di nervi.

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