La Siria e il veto russo all'Onu

Foto: AFP/Eastnews

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L'ultimo no di Mosca e Pechino alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza contro il regime di Assad conferma la nascita di una nuova ridistribuzione delle forze sullo scacchiere della politica mondiale

Il veto di Russia e Cina ha bloccato il progetto di risoluzione sulla Siria del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, avanzato da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e alcune monarchie del Golfo Persico. Sia Mosca che Pechino avevano avvertito già diverse volte che non avrebbero lasciato passare il testo che prevede un’intromissione negli affari interni della Siria. Eppure, nonostante il fallimento delle consultazioni preliminari, il documento è stato comunque sottoposto al voto, che si è concluso appunto con un “no” - il secondo da novembre 2011 - di Russia e Cina.

Il fatto sembra confermare la nascita di una nuova ridistribuzione delle forze sullo scacchiere della politica mondiale, dove il polo Russia-Cina sta acquistando sempre più peso. È chiaro che sia Mosca che Pechino sono rimasti piuttosto sconcertati dall’abilità con cui, in precedenza, i Paesi del blocco occidentale avevano utilizzato la risoluzione Onu sulla Libia, con il pretesto di proteggere la popolazione innocente, per liberarsi in realtà del regime di Gheddafi. In quell’occasione, Russia e Cina si erano astenute dal voto, per poi pentirsene.  

A gennaio 2012, Lavrov ha ribadito pubblicamente: “Riteniamo assolutamente inaccettabili i tentativi di estendere il cosiddetto precedente libico ad altri conflitti”. Il Segretario di Stato Hillary Clinton ha cercato di fugare i timori: “Alcuni Stati membri potrebbero temere che il Consiglio di Sicurezza porti a un’altra Libia. Si tratta di una falsa analogia”. Eppure, a giudicare dalle parole di Lavrov, il quale ha chiarito che cosa nello specifico non va bene alla Russia della risoluzione occidentale del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla Siria, la situazione si ripete.

“Ci sono due ordini di problemi -, ha dichiarato il ministro, come riporta l’agenzia di stampa Itar-TASS. - Il primo riguarda le richieste che vengono fatte al regime. Faccio un esempio: in una lista piuttosto lunga di richieste al governo siriano si legge che quest’ultimo deve ritirare le sue forze di sicurezza e le sue unità militari da tutte le città e centri abitati e farle rientrare nelle caserme”. “Se la situazione non cambia - continua il ministro russo -, si esorta il governo ad abbandonare unilateralmente le città e i villaggi. Ma ciò significa che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu adotta una risoluzione irrealistica: quale leader sano di mente, infatti, consegnerebbe così facilmente una città, se gode del sostegno di gruppi armati illegali? O, se non si tratta di un errore di valutazione dei coautori, questo significa una cosa sola: il Consiglio di Sicurezza propone di intraprendere una guerra civile”.

“Il secondo ordine di problemi riguarda il modo in cui strutturare il dialogo nazionale”, ha dichiarato Lavrov. “Nel progetto di risoluzione del Marocco si osserva che il dialogo va iniziato senza pregiudicarne i risultati. Ma nel paragrafo successivo, quando si parla della decisione della Lega Araba del 22 gennaio 2012, si legge che il dialogo deve rispettare pienamente il programma, previsto da questa decisione”. “E sapete già qual è il programma: rimuovere Assad, e così via”, sostiene Lavrov, sottolineando che la questione del futuro politico di Assad dovrebbe essere affrontata e risolta dai soli siriani.

Il fatto che gli Stati Uniti e i Paesi del Golfo cerchino, con l’ausilio della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, di smantellare il regime di Assad, e quindi intromettersi negli affari interni della Siria, è evidente. Non è di certo una novità. Ma il fatto curioso è un altro.

Proprio alcune ore prima del voto, Lavrov aveva partecipato a una riunione con il Segretario di Stato degli Stati Uniti, Hillary Clinton, e il ministro degli Esteri della Germania, Guido Westerwelle, in occasione della conferenza sulla sicurezza di Monaco. “I miei colleghi hanno ricevuto i nostri emendamenti alla risoluzione e hanno promesso di esaminarli nuovamente”, aveva osservato il ministro. “Aspetteremo New York e poi torneremo a lavorare alla risoluzione”.  

Tuttavia, invece di continuare le consultazioni, i colleghi hanno deciso di infliggere un attacco psicologico a Mosca e hanno tranquillamente presentato il documento, senza tener conto degli emendamenti proposti, alla riunione del Consiglio di Sicurezza. Inoltre, sullo sfondo di queste manovre diplomatiche è arrivato il comunicato dell’ennesimo attacco da parte delle forze militari siriane contro quelle dell’opposizione, in cui sono rimaste ferite diverse centinaia di persone innocenti. I siriani si sono subito affrettati a smentire la notizia, anche se è chiaro che le frecciatine questa volta non erano dirette a loro.

La seconda ondata di pressione psicologica è arrivata dopo il voto, anche se tutti sapevano in anticipo che la risoluzione non sarebbe passata. Gli alti diplomatici di Russia e Cina, difatti, avevano più volte avvertito che senza il riconoscimento degli emendamenti proposti, la risoluzione non avrebbe ottenuto il loro voto favorevole. 

In ogni caso la reazione indignata dei Paesi Nato non interrompe la ricerca di una soluzione alla crisi in Siria. Già il 7 febbraio 2012 Sergej Lavrov e il capo del Servizio di Intelligence Internazionale Mikhail Fradkov si recheranno a Damasco per intavolare delle trattative con il Presidente Bashar Assad. Ma questa non è la conseguenza più importante di questo contrasto in seno all’Onu.

La reazione coordinata di Mosca e Pechino alla situazione in Siria, e indirettamente in Iran, dimostra ancora una volta come la partnership strategica, annunciata dieci anni fa, tra i due Paesi, stia acquisendo una proiezione sempre più consistente sullo scenario politico mondiale.  Mai come in quest’ultimo secolo, Russia e Cina hanno operato in un modo così coordinato. Certamente, non si parla di un’alleanza contro gli Stati Uniti; per entrambi i Paesi, infatti, è importante preservare l’Onu quale arbitro supremo nelle questioni internazionali. A quanto pare, la politica di Nixon-Kissinger degli Anni '70 per la rottura dell’alleanza sino-sovietica, si sta sviluppando, visti gli sforzi dell’attuale Amministrazione, nella direzione opposta.

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