Nella sala piena di migliaia di spettatori cala improvvisamente il silenzio, il palco è illuminato appena. Per prima, si alza prudente la voce della domra. Le risponde il bajan. Poi nella conversazione si inseriscono la seconda domra e la bass-balalajka. Gli spettatori riconoscono subito le note di una canzone imprescindibile dalla cultura musicale mondiale contemporanea: è “Besame Mucho”.
La sua melodia è familiare tanto agli abitanti del Messico che a quelli dell’Europa o della Russia. Si diffonde dagli altoparlanti delle radio, la si sente canticchiare alla mamma, sulle sue note ci si abbraccia in un ballo lento... Proprio con questa canzone si è aperto il concerto per l’anniversario del complesso musicale pietroburghese “Terem Quartet”, cha da 25 anni ormai suona la musica di tutto il mondo sugli strumenti popolari russi.
Il Terem Quartet può essere definito un gruppo di cosmopoliti dall’animo russo. Si è formato a San Pietroburgp nel 1986. Sono usciti insieme sul palco dell’Istituto Pedagogico-musicale dell’allora Leningrado, quattro ragazzi, e il pubblico non voleva più lasciarli andare continuando ad applaudire in piedi alla fine dell’esibizione. Allora i musicisti si sono scambiati la promessa di non separarsi mai e di mettere la musica al centro della propria vita. Di solito queste promesse durano poco, come la giovinezza. Ma questi quattro ragazzi hanno mantenuto la parola data. E ancora oggi portano gioia al pubblico di tutto il mondo con i loro scherzi musicali, le improvvisazioni sorprendenti, l’energia coinvolgente.
Le esibizioni dei “Terem” sono sempre una festa. Ma sono lontanissime dal circo o dal teatro. È solo che non appena escono sul palco in sala si diffonde un’atmosfera casalinga, una sensazione di serenità, anche se sono sotto gli occhi di migliaia di persone. “La famiglia è la nostra politica interna, - spiegano i musicisti, -Il nostro obiettivo è quello di fare sentire tutti in famiglia, come a casa propria”. Qui nessuno può essere estraneo o fuori luogo. Anche quelli che hanno sempre pensato di non avere orecchi per la musica, verso la fine del concerto si buttano a ballare.
Parla Andrej Konstantinov (domra minore): “Le persone sono molto diverse tra loro. Ma se vai a scavare! Tutto cambia: qualcuno si nasconde dietro la maschera del funzionario, qualcuno dietro al grambiiule da casalinga... Ma dentro tutti allo stesso modo cercano l’amore e la felicità. La vita ci sembra ingiusta, ma la giustizia non c’è e non ci sarà! Per fortuna che più in alto di essa c’è l’amore. E noi musicisti dobbiamo essere sorgente di questo amore e di questa felicità... Ma è molto importante riuscire a essere sinceri, sentirsi coinvolti in prima persona. Allora tutte le barriere cadono, il pubblico risponde all’istante e resta incantato”.
Il gruppo ha scelto il proprio nome non a caso. Il quartetto ci ha pensato a lungo, cercando la parola giusta. E quando è suonata la parola “terem” tutti subito hanno capito che era quella giusta. Il suono ricorda quello delle corde della balalajka. E il significato è sia casa, che famiglia, che fortezza... Da questo è nata un’intera filosofia (i musicisti la definiscono scherzosamente “teremismo”). L’idea dell’assenza di confini, della grandezza, dell’ospitalità senza riserve.
Al concerto dell’anniversario il gruppo ha suonato musica ucraina, tartara, irlandese, italiana; sono arrivati ospiti da tutti gli angoli del mondo e lo slogan dell’evento è stato “E tutto il mondo è ancora poco!”. “Il russo vuole che tutti stiano bene. Lo ha scritto anche Dostoevskij. Quando tutti stanno bene, anche il russo sta bene”, spiega Andrej Smirnov (bajan).
“Noi cerchiamo di staccarci dallo stereotipo del russo – prende la parola Andrej Konstantinov (dombra minore) -. Purtroppo l’epoca sovietica è riuscita a stravolgere completamente l’immagine popolare. Al “tipicamente russo” ha iniziato ad essere associata la tradizionale camicia maschile immancabilmente rossa, il goffo “kokoshnik” (tipo di copricapo femminile) e il “sarafan” (specie di abito scamiciato)... E’ un’immagine talmente ridicola nella sua rigidità che però si è radicata profondamente sia nella coscienza dei russi che in quella degli stranieri. E invece noi siamo così diversi! Basta entrare in qualunque museo etnografico locale, che so, a Tjumen. Che incredibile varietà di colori, decorazioni, gioielli d’argento! Quando ci sono gli spettacoli dei nostri bambini non vedete un solo costume uguale all’altro”.
Sì, il “Terem” è proprio come una famiglia. C’è posto anche per i bambini. Negli ultimi anni gli artisti organizzano regolarmente concorsi e master class per la generazione dei più piccoli: il progetto si chiama “TeremOK”. “E’ il nostro investimento per il futuro” dicono, includendo così nel proprio abbraccio non solo altri Paesi, ma anche un altro tempo. “Ci piacerebbe aprire una scuola, le master class ormai non ci bastano più. Il lavoro coi bambini è sempre così emozionante, non smette mai di stupire e ti fa vivere al massimo”, spiega Mikhail Dzjudze (balaljka contrabbasso).
Il gruppo è un vero e proprio concentrato di energia virile. I musicisti la coltivano coscientemente e sono sicuri che a questo sia dovuta “la sensazione fisica di ciò che facciamo sul palco”. È impossibile ascoltarli senza una lacrima o un sorriso, e a volte tutta la sala esplode in una risata: E adesso eseguiremo la canzone popolare russa “Baciami tante volte, comare mia bella!”, annunciano, e attaccano con le note di “Besame mucho”...
“Prendiamo molto sul serio – interviene Mikhail Dzjudze (balalajka contrabbasso) - la questione dell’appartenenza di genere nell’arte. Oggi il confine tra i sessi va assottigliandosi. Non si è più uomini o donne, ma partner. E’ un processo molto negativo, perché proprio nella forza del proprio genere è racchiusa la forza del talento. Più marcatamente si esprime l’appartenenza sessuale di una persona, più se ne percepisce il talento. Certo, varia a seconda delle altre caratteristiche personali, e tuttavia la persona di talento è sempre sessualmente attiva. Quando uomini e donne coesistono come entità separate, possono sostenersi a vicenda mantenendo così l’equilibrio della natura. Se viene distrutto ci si ritrova in una vicolo cieco per la creatività. L’attrazione tra i sessi è alla base della vita. Una musica castrata non fa per noi”.
Parla Andrej Smirnov (bajan): “L’umorismo, l’autoironia è un modo di guardare se stessi molto presente nella cultura russa. Sono due cose che ti permettono di non impazzire quando la vita è troppo dura, è come “l’ottimismo a dispetto di tutto” che tra l’altro è tipico anche della cultura latino-americana. Al tempo stesso l’umorismo è il retro della risposta alle domande importanti. Quando Re Lear chiede al suo buffone perché l’Orsa Maggiore è formata da sette stelle, il buffone gli risponde: “perché non otto”. Il compito del musicista è quello di condurre l’ascoltatore fino alla risposta a domande complesse arrivandoci da quel lato dal quale non fanno paura”.
I musicisti hanno viaggiato quasi in tutto il mondo, sono stati in più di 60 Paesi tenendo più di tremila concerti. Le tournèe per loro sono un continuo susseguirsi di nuove impressioni, dalle quali poi nasce l’ispirazione. Sono sempre molto attenti alla cultura dei Paesi che li ospitano e di solito non se ne vanno mai senza portare con sé qualche nuova melodia. Ma nonostante questo per tutti i 25 anni della sua esistenza il “Terem Quartet” è rimasto fedele a se stesso mantenendo un nucleo nazionale chiaramente visibile. Anzi il quartetto porta avanti un vero stile pietroburghese puro. I musicisti sono convinti che non sarebbero potuti nascere in nessun altro posto della Terra. “Pietroburgo è come noi, - fa notare Aleksej Barshev (dorma alto) –. In lei, figlia tarda della Russia, si trova la combinazione armoniosa di culture altrimenti incompatibili”.
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