Ciak si gira, sul grande schermo c’è la diversità

A Mosca la quinta edizione del Festival “Il cinema senza barriere”. In gara 36 pellicole sul tema della disabilità.

Posso essere felice. Posso andare orgoglioso. Guardatemi pure, senza paura, senza commiserazione. L’obiettivo del Festival “Il cinema senza barriere”, che, per il quinto anno consecutivo, si è svolto a Mosca, dal 26 al 29 novembre 2010, presentando una selezione di cortometraggi e lungometraggi di grande qualità, è stato proprio quello di mostrare allo spettatore l’individualità delle persone disabili. Trentasei film, da tre a 90 minuti di durata, hanno portato sul grande schermo una storia i cui protagonisti, ciechi o down, sordi o mutilati, autistici o paralitici, dalla nascita o in seguito a un incidente, sfoggiano una personalità da protagonisti del cinema, appassionante e commovente. Qui non si tratta di negare le dissomiglianze, quanto di insistere sulla differenza, sull’individualità di ciascuno.

Grande successo per pellicole, come quella realizzata nel 2007 dall’attrice francese Sandrine Bonnaire, Elle s’appelle Sabine (Il suo nome è Sabine), nella quale si descrive il percorso verso la serenità e la felicità di sua sorella, visto dall’ottica angosciata dei suoi cari.

Altre storie descrivevano un rapporto privilegiato tra due personaggi, uno dei quali disabile. Nel commovente cortometraggio di Vadim Eff, Les éléphants blancs (Gli elefanti bianchi), girato in Russia nel 2010, il giovane protagonista pur essendo profondamente innamorato della propria amica non vedente non riesce a superare le proprie apprensioni e non sa comprendere le difficoltà alle quali va incontro la giovane.

Così la maggior parte dei film in rassegna ha adottato direttamente lo sguardo di una persona affetta da disabilità. Il piccolo protagonista di Koukouchata! (un filmato girato nel 2009 da Vitaly Oussourevsky) vive in un orfanotrofio di bambini disabili e cerca in tutti i modi di vincere una gara sportiva. Riesce ad aggiudicarsi il primo premio, un telefono cellulare col quale può finalmente chiamare madre. Nella mezz’ora di visione, si analizzano con grande delicatezza e tatto tutte le frustrazioni e le speranze dell’infanzia.

“Non voglio che i disabili facciano pietà. Mia intenzione è far capire che si può essere fieri di sé, portare a termine con successo belle cose, essere indipendenti”, ha affermato l’attrice Véronika Skouguina, che ha perso entrambi gli arti inferiori da piccola, in un incidente automobilistico. André Echpaï, il direttore della giuria dell’edizione di quest’anno ha aggiunto: “Scopo di questa iniziativa è sfatare il luogo comune secondo il quale chi è disabile ispira inevitabilmente commiserazione. Gli spettatori, al contrario, hanno avuto occasione di vedere che chi è disabile può fare molto cose da sé. Mi rallegro che questo festival sia andato affermandosi e acquisendo fama anno dopo anno. A questa edizione hanno partecipato pellicole di grande qualità”. Un evento artistico in piena regola, insomma, che scandaglia l’individualità di ogni essere vivente, il rapporto mutevole, angosciante e soggiogante con gli altri e con il mondo. Concetto che l’attore russo Artur Smolyaninov, membro della giuria, ha spiegato in questi termini: “Non ho disabilità, ma anche io sono un diverso”.



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