Guardare Venezia con gli occhi di Brodskij

Il volume Sulle tracce di Brodskij uscito nel 60° anniversario della nascita del poeta non è né un saggio né una biografia. Si potrebbe dire che è un libro su Venezia, città amatissima da Brodskij, o meglio su una Venezia inedita. Quella dei luoghi prediletti dal poeta. Ce ne parla il suo autore, Iurij Lepskij, giornalista della Rossiyskaya Gazeta.

Il poeta Josif Brodskij in gondola per i canali di Venezia. Foto dall'archivio personale



Lepskij ha trovato Brodskij?

Il libro si intitola “Sulle tracce di Brodskij” perché una volta feci questa semplice riflessione. Tra me e Brodskij c’è una differenza di età di dieci anni. Lui era più vecchio di me. Non è una gran differenza quando hai quarant’anni e l’altro ne ha cinquanta. Ho pensato che in sostanza io e Brodskij a Leningrado giravamo per le stesse vie nello stesso periodo. In teoria avremmo potuto benissimo incontrarci, semplicemente vederci. Cominciai a domandarmi perché ciò non fosse avvenuto. Perché avevamo frequentazioni diverse, interessi diversi? Perché a 12 anni Brodskij leggeva Marco Aurelio, mentre io non sapevo neppure chi fosse? Perché nel 1972 lui scrisse uno dei migliori componimenti di tutta la poesia mondiale, “Lettere all’amico romano”, mentre io nello stesso anno consideravo “La centrale idroelettrica” di Bratsk di Evtushenko una vetta della creazione poetica? Per questo tutto il libro è un gioco a ricorrersi. Io ho cercato sempre di raggiungerlo, provando, se non a superare con un balzo, almeno a ridurre il baratro che ci separava: la sua erudizione dalla mia ignoranza, la sua libertà dalla mia schiavitù, la sua disinvolta padronanza della lingua dal mio uso impacciato.

Come è nata la sua passione per Brodskij?


Petr Vajl, scrittore amico di Josif Broskij:

"Nessuno si decideva ad avvicinarlo e parlargli. Raccolsi tutto il mio coraggio e mi avvicinai. Iniziammo a discutere di poesia antica. In tutte le compagnie dove compariva diventava subito chiara una cosa: era appena accaduto qualcosa di importante. Tale era la grandezza di quell’individuo”

Dalla passione per Venezia. È di una bellezza sorprendente. E poi è una città fatta per camminare. Anche l’architettura è a misura di pedone. Come scriveva Brodskij, a Venezia le gambe portano a spasso gli occhi. Camminare a piedi e ammirarne la bellezza è qualcosa di straordinario e appassionante. Cerco sempre di sgattaiolare a Venezia alla prima occasione. Ormai è diventata una necessità per me. Una volta tornavo dal mio ennesimo viaggio a Venezia quando un amico mi telefona. Gli parlo della città e lui mi risponde: “Quello che mi stai dicendo è un pallido riflesso di ciò che dice Brodskij di Venezia nelle sue conversazioni con Solomon Volkov”. Comprai subito il libro, cominciai a leggerlo e capii che potevano esserci motivi più ampi e profondi per amare questa città di quelli che avevo io.

Cosa diceva Brodskij a Volkov?

Brodskij spiega perché andava a Venezia d’inverno. Quell’odore di alghe congelate, l’incresparsi dell’acqua nei canali, l’intricato groviglio di canali e viuzze, i ponti e i ponticelli, tutto ciò gli ricordava l’amata Leningrado di cui era stato crudelmente privato. Ci sono due posti a Venezia che assomigliano molto all'odierna San Pietroburgo. Dando le spalle alla targa commemorativa di Brodskij nel quartiere Dorsoduro, se si guarda la Giudecca oltre il Golfo, socchiudendo leggermente gli occhi, per un attimo si ha immancabilmente l’impressione di stare sul lungofiume del Palazzo d’Inverno e di guardare la riva opposta, al di là della Nevà. Non a caso Brodskij scrisse che la felicità “è quando incontri degli elementi di cui tu stesso sei fatto e che si trovano allo stato libero”. Immaginate di venire disintegrati in atomi e dispersi nell’aria, e di sentire che siete qui da qualche parte, in quest’aria. È questo che provava Brodskij. A Venezia, in un certo senso, egli era entrato nel proprio autoritratto. Nello stesso periodo apparvero per la prima volta in edizione russa i saggi di Brodskij. Era la fine degli anni Novanta. Il libro “Meno di uno” conteneva un saggio intitolato “Fondamenta degli Incurabili”. Lo lessi e volli tornare immediatamente a Venezia perché volevo vedere subito e con i miei occhi ciò che Brodskij aveva scritto. Passai un intero giorno alla ricerca della via evocata nel saggio omonimo.

Josif Brodskij legge il saggio “Lettere all’amico romano”



Come andò?

Acquistata una mappa della città, la studiai attentamente ma non trovai nulla di simile. Decisi allora di ripercorrere letteralmente i passi di Josif: percorsi quindi il ponte dell’Accademia, voltando poi a destra e passando attraverso gli stretti vicoli veneziani arrivai a un tranquillo canale deserto, là dove una volta si trovava la pensione Accademia, il primo rifugio veneziano di Brodskij. Percorsi la riva del canale fino alla fine, voltai poi in direzione della chiesa di Santa Maria della Salute arrivando così nel rispettabile quartiere dove, secondo la mia modesta opinione, qualche anno fa probabilmente viveva Olga Rudge, vedova del famoso poeta Ezra Pound. Impersonando un vecchio ospite di Olga, seguendo attentamente le istruzioni ricevute voltai a sinistra partendo dalla casa e dopo due minuti... mi trovai su Terra Foscarini, a tre passi dal ponte dell’Accademia, da dove era iniziata la mia ricerca. Il fiasco era completo ed eloquente. Tuttavia nulla a questo mondo accade senza conseguenze. Dopo aver passeggiato per qualche tempo lungo via Garibaldi, lontana dagli itinerari turistici più frequentati di questa città, mi imbattei in un eccellente negozietto di antiquariato. Eccellente anche perché il suo proprietario possedeva un’antica mappa di Venezia. Dopo una trattativa breve ma intensa venni in possesso della mappa, documento di incredibile valore topografico. Esaminandola più attentamente, sobbalzai dall’entusiasmo. Nell’angolo in basso a sinistra del manoscritto, al confine meridionale del quartiere di Dorsoduro, nello stesso luogo dove la terra di questa isoletta confinava con lo stretto della Giudecca, era stato scritto con l’inchiostro nero: Fondamenta degli Incurabili. Ecco, questo lungofiume esiste, o in ogni caso esisteva in passato.

Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia :

"Il rapporto di Brodskij con Venezia è sempre stato molto agitato. Qui è stato pubblicato il suo meraviglioso saggio “Fondamenta degli Incurabili”. A mio avviso si tratta di eccellente letteratura. E in generale Brodskij rappresenta una parte essenziale della grande cultura russa”

Come mai era scomparso dalle mappe?

Lo strano nome del lungofiume è dovuto alla presenza di un ospedale e dei quartieri ad esso connessi, dove nel Medioevo erano confinati i malati terminali contagiati dalla peste. Quando l’epidemia scomparve, i sopravvissuti di Venezia decisero di costruire a ricordo degli scomparsi Santa Maria della Salute, chiesa dall’incredibile bellezza. S’innalza sulla lingua di Dorsoduro, unendo (o dividendo) i quartieri dell’Accademia dai quartieri degli Incurabili. Nelle mappe moderne non ce n’era più traccia perché Venezia voleva consapevolmente o inconsapevolmente dimenticare le pagine più dolorose del suo passato. Il luogo una volta conosciuto come il lungofiume degli Incurabili era stato ribattezzato Fondamenta Zattere, dove Zattere sta per lungofiume, banchina. È stato l’ex sindaco Massimo Cacciari a restituirgli il suo nome originario.

Ci sono altri luoghi a Venezia dove si può “ritrovare” Brodskij?

Si può iniziare andando all’Harry’s Bar, famoso perché venne frequentato da Hemingway e perché fu qui che nacquero il cocktail Bellini e il Carpaccio. Entrambi sono stati inventati da Cipriani. Fu all’Harry’s Bar che Brodskij festeggiò il Natale del 1972. Si può, anzi si deve proseguire recandosi alle Fondamenta degli Incurabili. A Palazzo Marcello sul Rio Verona invece Brodskij visse durante i soggiorni a Venezia dei suoi ultimi due anni di vita. Fu qui che alloggiò anche nel dicembre del 1995, prima di morire. A gennaio non era già più tra noi. La Locanda Montin era uno dei ristoranti preferiti dal poeta. Si tratta di una piccola guesthouse con ristorante, una specie di art-club semplice e senza eccessive pretese. Il Montin è un locale capriccioso che apre e chiude quando vuole. Vi capitano spesso personaggi famosi. Una volta, seduta al tavolo accanto al mio, pranzava Michelle Pfeiffer. A Brodskij piaceva molto anche la Trattoria Rivetta con la sua atmosfera molto allegra. Era il ritrovo dei gondolieri. Via Garibaldi gli ricordava Leningrado. Nel mezzo di questa strada si trovano i famosi Giardini veneziani molto simili al Giardino d’Estate di Leningrado. Anche il mercato del pesce era un luogo amato dal poeta. Oggi Brodskij riposa a San Michele, dove è stato sepolto.

Perché venne sepolto a Venezia e non a San Pietroburgo?

Era in parte un desiderio suo, in parte di sua moglie Maria Sozzani che non avrebbe mai portato le sue spoglie nella città che lo aveva cacciato.

Lepskij, pensa di far tradurre il suo libro in altre lingue. Per esempio in italiano?

Non saprei. Dipende da quanto possa essere interessante per gli italiani…

Non crede possa?

Mi sembra che gli italiani in questo senso non siano diversi dai lettori russi. In Russia non ci sono poi così tanti appassionati dei saggi e delle poesie di Brodskij. I suoi libri sono per intellettuali o, come si dice adesso, per i “lettori evoluti”. Credo che in Russia se ne trovino 10mila. E forse altrettanti in Italia. È un numero sufficiente per intraprendere una traduzione? Non lo so.



Foto di Iurij Lepskij




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