Il muro dei visti Russia-Ue

È caduto il Muro di Berlino, è finita la Guerra Fredda, ma non crolla il muro dei visti che l’Unione europea ha eretto nei confronti della Russia, una dannosa, costosa e fastidiosa barriera dove si perde il filo della logica che si può misurare nella lunghezza delle code di gente fuori dai consolati in attesa dell’agognato visto.
   A fine maggio, a Rostov-sul-Don, si è tenuto un vertice tra Ue e Russia: piatto forte eliminare i visti per consentire a uomini e merci di circolare liberamente. Dmitri Medvedev ha consegnato a Josè Manuel Barroso il testo del provvedimento adottato dal governo russo. «Noi siamo pronti, anche da domani», ha affermato il leader russo. Perché tardare ancora un’intesa che sta nelle cose da tempo, che penalizza l’economia di due realtà con rapporti economici, turistici e culturali intensi non foss’altro per la vicinanza geografica? Anche Francia e Germania sono in piena sintonia con l’Italia, a frenare sono i Paesi dell’Est che di recente hanno aderito all’Ue. I problema dei visti è finito in una secca politica. Gli italiani hanno una valida ragione per essere preoccupati: il 2011 è “l’anno della cultura” con la Russia.

Nel corso del 2009, sono stati rilasciati a cittadini italiani 350 mila visti, contro i 175 mila concessi ai russi. Si calcola che potrebbero essere almeno il doppio soprattutto per coloro che intendono visitare i due Paesi con finalità turistiche. In uno dei suoi primi incontri con Vladimir Putin, Silvio Berlusconi lasciò esterrefatti gli astanti. «Domani torno a Roma e abolisco i visti». L’apprezzabile entusiasmo cozzava evidentemente contro la realtà delle cose. L’Italia è un Paese Schengen che non consente spazi per iniziative unilaterali. Ma il problema era giusto porlo ieri e a maggior ragione oggi. La “pratica” ristagna in qualche palazzo di Bruxelles e non è noto in quale cassetto sia finita.

La globalizzazione indicano all’Europa un sentiero obbligato: allargare i propri confini commerciali e turistici, allearsi con i Paesi dell’Est che da tempo segnalano una possibilità di sviluppo sempre maggiore. Dopo il disastroso 2009 (6.383 miliardi contro il 7.114 del 2008), i dati relativi all’interscambio commerciale Italia-Russia nel primo bimestre 2010 registrano una forte ripresa: 41% rispetto ai primi due mesi del 2009, un dato tuttavia inferiore a quello registrato dall’Unione europea che per lo stesso periodo segnala un più 52%. Dopo Olanda e Germania, l’Italia è il terzo partner commerciale della Russia dove vengono esportate soprattutto macchine e apparecchi meccanici, seguiti dai prodotti dell’industria tessile. E’ un 88% che lascia un modesto 4,1 alla voce alimentari. L’Italia importa petrolio e suoi derivati, gas naturale (77% dati 2009), seguono i prodotti di attività manufatturiere.

Dmitri Medvedev è ritornato alla carica. A Rostov-sul-Don ha messo nero su bianco. Ora l’Europa ha le spalle al muro. Sarebbe bene che i governanti italiani suonino qualche squillo di tromba.

Armando Sala è giornalista, ha pubblicato il volume “Mosca: le chiese riemerse”

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