Era tanto che desideravo visitare le isole Solovki, ma, neanche a farlo
apposta, a poche ore dalla partenza mi trovavo costretta a letto da
un’inspiegabile intossicazione. Mi è subito tornato alla mente un
vecchio adagio che mette in guardia il viaggiatore che voglia vederle:
“le Solovki non accolgono tutti di buon grado”. Raggiungerle,
generalmente, non è difficile, ma l’ospite “indesiderato” (e sono molte
le testimonianze a tal proposito) è perseguitato da maltempo e avversità
dall’inizio alla fine del viaggio.
I miei guai iniziavano ancora prima di partire: possibile che le Solovki
si opponessero alla mia visita in modo così categorico? Recuperate le
forze, mi sono comunque messa in viaggio, prendendo il treno per Kem’.
Infatti la leggenda puntualizza: “chi lo vuole veramente, alle Solovki
ci arriva, l’importante è avere pazienza”. Parole d’oro, queste, per
chiunque si accinga a viaggiare verso Nord. In queste regioni l’uomo è
impotente di fronte alla natura e si deve sottomettere ai suoi capricci.
Alle Solovki volevo andare soprattutto per provare se, al ritorno, mi
sarei effettivamente sentita un’altra, come assicura chiunque ci sia
stato. Sembra che, sulle isole, aleggi un’atmosfera particolare, che si
impadronisce dell’anima di ogni visitatore. Non sarà che alle Solovki ci
si immedesimi nei destini, spesso tragici, di tutti coloro che vi hanno
vissuto nei secoli, spesso contro la loro volontà?
Sulla carta geografica, l’Arcipelago Solovki (chiamato anche Solovetsky)
non sembra che una manciata di sassolini sparsi nel Mar Bianco a due
passi dal Circolo Polare Artico. Sorprende, tuttavia, l’importanza del
ruolo che le isole hanno sempre ricoperto nella cultura e nella storia
sia russa che sovietica fin dal XV secolo quando, per la prima volta,
vennero abitate da alcuni anacoreti. In breve, l’arcipelago divenne un
importante centro spirituale, culturale ed economico del Nord della
Russia, rimanendo tale per più di 500 anni. Nel XVIII secolo il
monastero delle Solovki, divenuto ormai ricco, prese parte a operazioni
di difesa della parte occidentale del Mar Bianco e, da allora, continuò a
svolgere la funzione significativa di avamposto militare per circa 200
anni finché, nel XX secolo, venne chiuso dalle autorità.
Purtroppo l’arcipelago non perse la sua fama, ma la cambiò: se in
passato era stato il rifugio per anime bisognose di conforto spirituale,
ora era diventato luogo di stermino per quelle non gradite al regime.
Nel 1922 proprio alle Solovki nacque il cosiddetto “Slon” (Lager
speciale delle Solovki): dalla riproduzione dell’organizzazione di
questo lager-campione si sviluppò e diffuse in tutta l’Urss il famoso
sistema di campi di concentramento Gulag.
Una ricostruzione del labirinto un tempo esistente sull’isola Grande Solovetsky a pochi passi dal villaggio omonimo |
Comunque,
fin dai tempi più remoti, le lontane Solovki attirarono l’attenzione
anche dell’uomo primitivo: numerose tracce lasciate da pescatori e
cacciatori di passaggio, più di 30 costruzioni misteriose a forma di
labirinto ne abbelliscono i paesaggi. Forse si trattava di luoghi di
culto dove gli antichi pagani compivano i loro riti propiziatori, come
sostiene la maggior parte degli archeologi. Oppure possiamo concordare
con la recentissima teoria dello studioso italiano Marco Bulloni che
ipotizza che l’Isola Grande Solovetsky, la più imponente di tutto
l’arcipelago, sia nientemeno che la famosa Atlantide e che questi
labirinti siano la riproduzione tridimensionale della struttura
dell’isola leggendaria!
Preoccupata di non riuscire, in una sola settimana, a visitare tutti i
luoghi interessanti sparsi qua e là per tutto l’arcipelago, sono
finalmente salita sul mio treno per il Nord. Terza classe, cuccetta
laterale superiore, non esattamente il posto migliore, ma, d’altra
parte, il viaggio non era poi così lungo: Mosca e Kem’ distano solo 1500
chilometri, percorribili in circa 24 ore, nulla per un Paese grande
come la Russia.
I miei compagni di cuccetta erano tutti chiaramente originari del Nord:
orgogliosi dei propri nasi scottati al sole del meridione, tornavano a
casa dalle vacanze passate sulle spiagge del Sud. Seduti di fronte a me,
una nonna con il nipote e un papà con il proprio figlio prendevano il
tè e mangiavano cioccolatini, lamentandosi della vita di oggigiorno.
Andare al mare con l’intera famiglia costa, è una spesa che ormai non si
può più sostenere, ma bisogna pur portare al sole i figli prima che
inizi la lunga e fredda notte polare: allora si va a turno. Sotto di me,
seduti sulla cuccetta inferiore, tre adolescenti guardavano fuori dal
finestrino, sgranocchiando semi di girasole. Lungo il corridoio, una
sfilza di bimbi, seguiti da mamme brontolone, correvano avanti e
indietro all’impazzata, per sfogare la loro vivacità. E tutti, proprio
tutti, senza sosta mangiavano qualcosa: formaggio, uova sode con la
maionese, pollo, pomodori, pesce affumicato, cetriolini venivano
estratti uno dopo l’altro dai borsoni con le scorte di cibo,
provvidenzialmente sistemati a portata di mano sotto i tavolini. Il Nord
non è certo il posto giusto per pensare alla dieta: a causa del freddo,
reale o presunto, il cibo diventa per forza un’idea fissa, anche quando
si è sazi.
I miei amici, arrivati da Mosca in macchina qualche giorno prima, sono
venuti a prendermi alla stazione di Kem’, felici per aver appena colto,
in un vicino boschetto, un intero sacchetto di funghi porcini. Rimandare
al giorno dopo il nostro viaggio in battello per le Solovki e fermarci a
cucinare patatine e funghi sulla riva del Mar Bianco è stato più che
naturale, come se qualcuno ci avesse ordinato di non avere fretta. Tanto
più che, per sentito dire, anche la Russia ora ha la suo Hobbitville!
Uno dei sobborghi di Kem’, il villaggio-porto che collega la terraferma
all’arcipelago, ha ospitato le riprese del film di Pavel Lunguine
“L’isola” e si è ora trasformato nella mecca degli amanti del cinema
d’autore. Ed è stato proprio con questi ultimi che abbiamo passato la
notte seduti intorno a un falò, vicino al vecchio set, a discutere come,
a queste latitudini, sia possibile cogliere il momento di passaggio
dalla notte al giorno polare, quando il tramonto e l’alba durano sei
mesi ciascuno.
In un Paese dove, molto spesso, è solo il buon senso a suggerire dove ci
si può o non si può fermare a passare la notte, è sempre bene portarsi
appresso sacco a pelo e tenda. Possono sempre servire. Il mattino
seguente, una volta preso il largo, i contatti con la terraferma si sono
dissolti, come la nebbia, alla stessa velocità con la quale il nostro
battello si dirigeva verso Nord. Sotto coperta sono sprofondata in un
sonno ristoratore che ha cacciato via tutti gli strascichi insonni della
notte precedente.
E quando, improvvisamente, mi sono svegliata ero già su un’isolana!
Sette giorni alle Solovki è esattamente quello che ci vuole. Non ci
siamo risparmiati: lunghe camminate a piedi, escursioni organizzate,
gite in barca e decine di chilometri macinati in mountain-bike.
Le Solovki sono senza dubbio una meta turistica: affollata nei fine
settimana e perfino rumorosa durante le feste. In agosto, per esempio,
durante il Festival della canzone d’autore, la Grande Solovki viene
invasa da una marea di cantautori barbuti che, cantando, raccontano il
passato mentre i pellegrini cantano i salmi e pregano. È comunque
incredibile come il microcosmo delle Solovki sia impregnato di un senso
di calma e comprensione quasi sovrannaturali, tipicamente nordici,
capaci di tranquillizzare anche i rumorosi caratteri del mio caro sud.
Un’ipotesi rivoluzionaria è stata formulata dall’ italiano Marco Bulloni
nel suo libro fresco di stampa “Ho scoperto la vera Atlantide”,
risultato di anni di studio e attente comparazioni di carte, schemi,
immagini tridimensionali, rilievi satellitari dell’arcipelago Solovki e
della regione del Mar Bianco con le principali fonti di informazione su
Atlantide (il “Timeo” e il “Crizia” di Platone). Le innumerevoli
coincidenze tra le caratteristiche del luogo e le descrizioni di
Atlantide lasciateci dal filosofo, secondo Bulloni, non lasciano dubbi.
Atlantide non si trova in fondo all’Oceano, come ritiene la maggior
parte degli esperti. Bulloni concorda con Platone: la mitica isola venne
sì distrutta e sommersa dalle acque in seguito a fortissimi cataclismi.
Tuttavia - Bulloni ne è convinto - è poi riemersa e l’isola Grande
Solovetsky è ciò che ne rimane.
Marco Bulloni è stato intervistato da Radio Montecarlo. Ascoltate la registrazione del suo intervento:
Hotel, case e campeggi
Solovetsky è un piccolo villaggio che offre ai turisti svariate possibilità di pernottamento. Il “Solovki-hotel”, elegante ma caro, è una grande izba di legno, con camere singole in alta stagione a 5mila rubli (9.700 le “vip”) e doppie a 5400-10mila rubli. “Klubny hotel priyut”, in stile country, offre doppie con o senza bagno a 2400-3000 rubli. È anche possibile prenotare un piano intero: 10mila rubli per 10-13 posti letto. Più economico l’hotel “Solo” con singole da 900 rubli, doppie da 2000-2400 e triple da 2100. Moltissimi i privati che affittano ai turisti posti letto, camere, appartamenti o case. I prezzi comprendono l’uso di servizi e cucina e variano dai 100 ai 500 rubli a persona. Non è strettamente necessario prenotare in anticipo: si viene subissati dalle proposte all’arrivo. A Solovetsky esiste anche un camping, soluzione estremamente economica: 50 rubli a giorno per persona. È anche l’unico posto dove alle Solovki è permesso campeggiare.
Ristoranti e caffé
Al ristorante “Izba”, presso il “Solovki hotel” servizio e prezzi rispecchiano lo standard europeo. Il caffè “Solo”, nell’albergo omonimo, propone specialità russe ed europee. Il costo medio di una cena è attorno ai 400-500 rubli. Il caffè “Kayut-kompanya”, nel centro del paese, ha l’aspetto di una mensa, ma offre piatti gustosi ed economici. Un’abbondante colazione costa circa 200 rubli, un pranzo o una cena 250-400. Aperto in estate dalle 8 del mattino a mezzanotte, serve prevalentemente cucina russa. Tra le specialità locali si consigliano “le aringhe delle Solovki”.
In libreria: “Voci dal Gulag”
«L’annientamento degli uomini è una scienza empirica: senza dottrina, senza principi, nessuna codificazione, nessun vincolo. Solo obiettivi. Quando si mancano si cambia strada, ci si sbarazza di regolamenti e circolari, di direttori e di guardie e si procede. Così alle Solovki è stato inventato il Gulag. Dal nulla. Sperimentando». Così scrive Maurizio Ciampa nel libro “L’epoca tremenda. Voci dal Gulag delle Solovki” (Morcelliana, pagg. 240, euro 16) che racconta, tra le altre, la storia dell’internamento e della morte di Pavel Florenskij (1882-1937), il maggiore filosofo e teologo ortodosso russo.
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