Italia e Russia: “Contro il narcotraffico va fatto di più”

Foto di Mikhail Galustov

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«Serve un approccio molto piu’ serio contro la narco-minaccia afgana», ha ribadito il ministro degli Esteri Sergei Lavrov durante la “quadrilaterale” tra i responsabili degli Esteri e della Difesa di Russia e Italia che si è tenuta la scorsa settimana a Roma.

«Si è fatto poco per bloccare le coltivazioni e quindi il flusso di oppiacei dall’Afghanistan. Non ci sono ancora risultati», ha ammesso il ministro italiano della Difesa Ignazio La Russa, segnalando però i tentativi concreti messi in campo dall’Italia, come la promozione di colture alternative: «Noi, nell’Ovest, abbiamo dato ai contadini zenzero da coltivare al posto dell’oppio».

Secondo Viktor Ivanov, direttore del Servizio federale russo per il controllo degli stupefacenti, al problema della produzione di droga in Afghanistan deve essere riconosciuto lo status di minaccia mondiale dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ogni anno, infatti, in Europa a causa della droga muoiono 10 mila persone, 50 volte le perdite umane subite dal contingente europeo in Afghanistan. In Russia addirittura circa 30 mila l’anno, la maggior parte delle quali giovani: nel Paese infatti si contano tra un milione e mezzo a due milioni di dipendenti dall’eroina che, in media, hanno un’aspettativa di vita tra i cinque e i sette anni.

Nel 2009 inoltre i Paesi dell’Unione europea sono risultati al primo posto per il consumo di oppiacei con 711 tonnellate, seguiti dalla Russia con 549. Secondo Ivanov, «la minaccia degli stupefacenti rischia di trasformarsi in uno dei più gravi problemi del XXI secolo, con conseguenze paragonabili a quelle della seconda guerra mondiale nel XX».

La quantità di sostanze stupefacenti prodotte sul solo territorio dell’Afghanistan ha raggiunto il doppio della produzione mondiale di 10 anni fa. Per questo la Russia propone «lo sterminio dei papaveri da oppio e la distruzione delle coltivazioni» su cui però «non troviamo la comprensione di alcuni nostri partner occidentali», ha lamentato Lavrov a Roma portando l’esempio dell’America Latina. Per combattere il traffico di droga, in Colombia, con l’irrorazione di defoglianti e sistemi meccanici è stato distrutto circa il 75% delle piantagioni di coca, ossia quasi 230 mila ettari. In Afghanistan, appena il 3% delle colture di papavero da oppio.

In Afghanistan, inoltre, quasi tutte le coltivazioni sono concentrate nelle aree dove è più massiccia la presenza di truppe straniere e dove avviene la maggior parte degli scontri armati. Una dimostrazione lampante, sottolinea Ivanov, del fatto che il problema della produzione di stupefacenti non può avere una soluzione militare.

È d’accordo con lui anche l’europarlamentare italiano Pino Arlacchi, noto per il suo impegno nella lotta alla mafia e agli stupefacenti. Arlacchi ritiene che in Afghanistan si debba sviluppare una produzione agricola alternativa, non legata agli stupefacenti, e che si debba cercare di risollevare più in generale l’economia del Paese. Stando alle sue parole, è un obiettivo realizzabile dal momento che oggi la sola Unione Europea spende un milione di euro l’anno per le operazioni militari in Afghanistan.

Tra le proposte avanzate dalla Russia per contrastare efficacemente la produzione di eroina in Afghanistan, vi è quella di introdurre un sistema di marcatura chimica dei precursori, come alcuni acidi e l’anidride acetica,utilizzati per produrre le droghe. La marcatura permetterebbe di individuare la provenienza dei precursori e di ricostruirne il percorso.

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