I predatori della libertà di stampa

In occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, che si celebra il 3 maggio, Reporter senza frontiere ha diffuso un elenco di quaranta “Predatori della libertà di stampa”, tra cui appare il nome del primo ministro Vladimir Putin. Per Putin, si tratta di un attestato di merito.

« Durante la ricostruzione di uno Stato forte dopo gli anni di confusione vissuti sotto [l’ex presidente] Boris Eltsin, il suo principio ispiratore era basato su una forte leadership dall’alto », si legge nel comunicato. « La stampa non è stata risparmiata e le stazioni televisive nazionali adesso parlano con una voce sola » .

Chi ha scritto queste righe avrà sicuramente letto il recente libro di Yevgeny Adamov, ex ministro per l’Energia nucleare (oggi Rosatom). Adamov è noto per essere stato arrestato in Svizzera su richiesta degli Stati Uniti ed essere stato poi estradato in Russia dove, condannato, gli fu sospesa la pena.

Nel suo libro, Adamov racconta di un incidente verificatosi dopo la crisi dell’agosto 1998, quando si rifiutò di mettere le risorse dell’industria nucleare del Paese a servizio di Vladimir Gusinsky, banchiere e fondatore della Ntv, per aiutarlo a ripagare i debiti che questi aveva contratto con la Most-Bank, di cui Gusinsky era direttore. Gusinsky ammonì Adamov: « Pensi che quella posizione sarà tua per molto? L’Fsb (ex-Kgb, ndr) ti porterà via prima di stasera. Ti dimostrerò cosa può fare la stampa! » . La somma, specifica Adamov, ammontava a 100 milioni di dollari.

« Quell’esperienza mi ha fatto capire da vicino quale opinione i cosiddetti oligarchi avessero a quell’epoca della propria influenza e della propria importanza » , scrive Adamov.

L’episodio descrive un modello di rapporti d’affari basato sul ricatto e sull’estorsione di informazioni che durante gli anni della presidenza di Eltsin era proprio della stampa del Paese - e in particolare della televisione - e che Reporter senza Frontiere descrive così sprezzantemente.

Io ritengo però che il rigoroso atteggiamento di Putin nei confronti della Ntv e di Channel One non fossero diretti a colpire la libertà di stampa o i giornalisti in sé, quanto, rispettivamente, Gusinsky e Boris Berezovsky, proprietari delle due stazioni televisive. Le misure rappresentavano un tentativo di rendere lo Stato almeno in parte più gestibile dopo i caotici anni di Eltsin.

A questo riguardo, sono pienamente d’accordo con gli autori della lista dei predatori dei media. Concordo anche con il fatto che il periodo durante il quale tutte le stazioni televisive nazionali hanno « parlato con una sola voce » si sta prolungando un po’ troppo. Avendo ormai spezzato il controllo che gli oligarchi esercitavano sulla televisione, Putin o non è riuscito o ha avuto paura (com’è più probabile) di rimpiazzarlo con una stampa più autenticamente indipendente.

Adamov scrive che adesso, benché la stampa sia più subordinata al Cremlino che ad interessi economici privati, la situazione di fatto non è migliore rispetto alla metà degli anni Novanta. A quanto pare però ogni leader ha una missione e può contare su delle risorse.

Se il presidente Dmitri Medvedev volesse creare delle condizioni tali da favorire l’affermarsi di una stampa indipendente, potrebbe cercare aiuto nel forte aumento dei cybernauti russi. Mantenere uno stretto controllo sulla televisione tradizionale oggi è meno rilevante di quanto fosse in passato.

A maggio dell’anno prossimo potremo valutare il progresso compiuto da Medvedev in base alla posizione che verrà attribuita alla Russia nella classifica annuale della libertà di stampa. Sarebbe bello se a Medvedev venisse accordato lo stesso rispetto e la stessa comprensione che sono stati dimostrati nei confronti di Putin.

Alexei Pankin è analista politico, dirige la rivista Ifra-Gipp Magazine, una pubblicazione per professionisti dell’editoria

Articolo già apparso su The Moscow Times

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