Sulla linea del fuoco

Lunedì mattina, nella metropolitana di Mosca, a distanza di meno di un'ora hanno avuto luogo due esplosioni, prima nella stazione "Lubjanka", a pochi passi dalla sede del Servizio Federale di Sicurezza (FSB, già KGB), e quaranta minuti più tardi nella stazione di "Park Kultury". 38 i morti, 64 i feriti. Ad oggi l'istruttoria ha accertato che gli atti terroristici sono stati compiuti da donne kamikaze, le shakhid.

Vedomosti

Dalla redazione: Sono esplosi

Non sono le prime esplosioni, né si tratta della prima ondata d'ira e compassione. Nonostante tutto, è probabile che quanto successo non abbia alcun effetto sul modo di operare dei servizi segreti preposti alla tutela della sicurezza pubblica. È evidente che il sistema di sicurezza si trova di fronte ad una crisi strutturale.


"I terroristi saranno annientati", ha promesso ieri Vladimir Putin. Se si intendono i leader dei guerriglieri, che con grande probabilità sono gli organizzatori degli atti terroristici, permangono seri dubbi rispetto alla scelta di 'liquidarli", perché questo farebbe di loro degli eroi agli occhi dei seguaci ed escluderebbe qualsiasi controllo da parte della società. L'attività dei servizi segreti, la formazione ideologica dei giovani, il miglioramento della situazione socio-economica nelle regioni del Caucaso settentrionale: di cosa possono vantarsi qui le autorità?


"Manterremo una linea dura per soffocare il terrore nel paese e continueremo la lotta al terrorismo", ha dichiarato ieri Dmitrij Medvedev. È dal 1999 che manteniamo questa linea. La concezione di lotta al terrorismo adottata dopo le tragedie di Beslan e del "Nord-Ost" è quanto meno obsoleta.


La collera e l'indignazione dei cittadini in seguito agli attentati terroristici vengono subito soppressi e non portano a niente perché, per escludere qualsiasi influenza da parte dei terroristi, le autorità hanno tolto anche ai cittadini qualsiasi possibilità di influenzare la situazione. Ricordiamo, ad esempio, il recente attacco ferroviario al "Nevskij express". Ma poi cos'è cambiato?


Kommersant

Ad ognuno i suoi metodi

Le esplosioni nella metropolitana di Mosca hanno suscitato nei politici reazioni più o meno violente. Delle cause degli attentati se ne è parlato solamente en passant.


Se non ci decidiamo a prendere "i provvedimenti più rigidi possibili, non risolveremo mai questo problema", ritiene il leader del Partito comunista Gennadij Zjuganov, e propone di abolire in toto la moratoria sulla pena di morte per crimini di particolare gravità.


Il capo del Partito liberal-democratico Vladimir Žirinovskij propone misure meno rigide. Žirinovskij ritiene che l'FSB debba rafforzare le proprie funzioni di controllo sia nel Caucaso settentrionale, sia sul territorio nazionale. A tal fine propone di "introdurre la registrazione biometrica obbligatoria dei cittadini".


Inoltre, è necessario punire duramente non solo chi è implicato direttamente negli atti terroristici. Secondo il leader del partito "Jabloko" Sergej Mitrokhin, meritano di essere puntiti anche i responsabili del Ministero degli Interni, che "non hanno tratto le debite conclusioni da situazioni analoghe accadute in passato". I presidenti congiunti del partito "Pravoe delo" Georgij Bovt e Leonid Gozman ritengono che "nei momenti di difficoltà la società russa debba dimostrare il massimo sostegno" nei confronti dei suddetti organi, dando in tal modo esempio di "solidarietà civile".


Il presidente della Duma Boris Gryzlov ha esortato "la società a far fronte comune di fronte alla minaccia del terrorismo e a non lasciarsi impaurire da chi odia la gente e vuole distruggere la vita pacifica dei nostri cittadini".


Il deputato Irina Jarovaya, a capo della fazione nazional-patriottica del partito "Russia unita", sostiene che "ogni politico deve sentirsi in parte responsabile per la nazione e i propri cittadini". La Jarovaya è convinta che i terroristi "abbiano saputo approfittare della debolezza del sistema di pubblica sicurezza e dei conflitti politici interni al paese".

Vjačeslav Gavrilov, Viktor Khamraev


Moskovskij Komsomolets

Sulla linea del fuoco

"La prevenzione di atti terroristici di questo genere è un compito assai difficile", ha dichiarato ieri il Presidente Medvedev alla riunione straordinaria indetta in seguito alle esplosioni.


In realtà, la prevenzione di simili atti terroristici è addirittura poco realistica. Se decidono di farsi esplodere, si faranno esplodere.
Ad essere sinceri, i servizi segreti e la polizia nazionali sono lungi dall'essere perfetti. Anche se funzionassero in modo eccellente, non riuscirebbero comunque a sbarrare ai terroristi tutte le possibili fessure, come non lo riescono a fare in Israele, Gran Bretagna, Spagna e in altre nazioni, dove gli organi di sicurezza sono molto più potenti dei nostri. Il problema fondamentale non è tanto che abbiamo forze di polizia deboli.


Il vero dramma sta nel fatto che il nostro paese si è trovato sulla linea del fuoco di una guerra di religione e tutti i cittadini russi, a prescindere dalla confessione religiosa, ne sono stati fatti ostaggi.


La guerra per la rinascita dell'Islam, che è attualmente in corso nel mondo musulmano, non è una guerra nostra. I moscoviti morti ieri nella metropolitana sono vittime di una guerra altrui. Ci siamo ritrovati sommersi fino al collo in una guerra d'altri a sostenere una parte e non c'è via d'uscita.


Se non fosse per la politica che il Cremino ha condotto negli ultimi quindici anni nel Caucaso, i moscoviti sarebbero completamente ignari di cosa sia il wahabismo, corrente radicale dell'Islam, e non morirebbero in metrò, insieme alle shakhid che si fanno esplodere.
Ma se così fosse, anche il nostro paese sarebbe diverso, e non aspirerebbe al ruolo di leader mondiale nella lotta contro le forze del male, di qualsiasi origine esse siano. In altre parole, bisogna capire per quale motivo, in Russia, ci si fa esplodere. Per la grande potenza. Allora, e solo allora, forse, non farà più tanta paura viaggiare in metrò.

Julia Kalinina


Nezavisimaja Gazeta

Vulnerabilità e incertezza

Qualsiasi attentato terroristico costituisce una sorta di "collaudo" della società e non tutte le società passano questo test in modo impeccabile. L'opposizione e i partiti al governo si puntano il dito addosso. La colpa è del "regime putiniano", oppure dei "beneficiari di borse che fanno dondolare la barca" e dei servizi segreti occidentali. La gente semplice attacca le musulmane nella metropolitana e cerca di perquisire di propria iniziativa le borse dei Caucasici che non gli ispirano fiducia.


C'è chi chiede di ripristinare la pena di morte per i terroristi. Questi appelli non sono altro che il tentativo di strumentalizzare le emozioni collettive. Chi vogliamo minacciare con la pena di morte? Chi va a morire di propria volontà? Chi gioca con la morte quotidianamente?
Dobbiamo vigilare. La nostra tranquillità ha solo una colpa, quella di trasformarci in facili prede. Anche controllando (una vera utopia!) ciascuno dei 7 milioni di passeggeri della Mosca sotterranea, anche chiudendo a chiave tutti i locali ausiliari, anche perquisendo tutti all'entrata degli stadi e delle sale da concerto, non produrremo che fortezze galleggianti in un mare di orrori. Non c'è modo di far scomparire l'orrore.


Lo Stato è responsabile per quello che è accaduto. Il paese è pieno zeppo di forze dell'ordine, che devono fare il loro mestiere, hanno sufficienti poteri, non necessitano di nuove strutture, nuove facoltà e nuove restrizioni delle nostre libertà.


Il potere dice che il nemico sarà sconfitto e la vittoria sarà nostra. Le autorità promettono che i responsabili degli attentati di Mosca saranno distrutti. All'inizio c'è il desiderio di crederci. Poi si finisce per crederci davvero (sono indicati età, statura, vestiario, connotati, addirittura qualche cognome). Ma dietro a tutto questo, rimane una formidabile, triste e spaventosa incertezza.
E la nostra vulnerabilità. Siamo vulnerabili. Lo dobbiamo tenere a mente e non aspettare che siano altri a ricordarcelo.

Stanislav Minin

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