Così (da sola) ho adottato mio figlio

Famiglie in un parco a Veliky Novgorod.

Famiglie in un parco a Veliky Novgorod.

Ria Novosti/Konstantin Chalabov
La strada dell’adozione, anche in Russia, passa per processi burocratici lunghissimi, colloqui e visite mediche. Un percorso che si dimostra ancor più in salita quando ad adottare è una donna single. Vera Danilova, nome di fantasia, ha accettato di raccontare a Rbth la storia dell’incontro con suo figlio Vanya

Mi chiamo Vera. Mio figlio Vanya ha sei mesi adesso. L’ho visto per la prima volta quando aveva solo un mese. Stiamo felicemente assieme da ormai cinque mesi.

In Russia non è molto comune parlare apertamente di adozioni. Persino le persone di ampie vedute tendono a non parlare troppo dell’assenza di consanguineità. Si tratta di un paradosso: cerchiamo di proteggere i nostri piccoli ma come risultato la cultura dell’accettazione dei bambini presi in adozione si sta formando solo molto lentamente all’interno della società. Rimaniamo in silenzio, e il tema delle adozioni si carica di miti e paure. Posso, tuttavia, sfatare i più comuni, basandomi sulla mia esperienza personale.

Il braccio di ferro
delle adozioni internazionali

Avere quarant’anni ed essere soli

Non sono sposata. Siccome la decisione di dare in adozione un bambino viene presa dagli organi per la tutela dei minori, il mio stato civile preoccupava tutti, dai medici al personale dei servizi sociali. A quanto pare, però, la legge che consente a un genitore single di adottare un bambino è più generosa di quanto ci possano far credere gli stereotipi più comuni. E sottolineo “genitore”, quindi può trattarsi benissimo anche di un padre solo.

Lo stesso vale per l’età. “Ha quarant’anni e spera che le diano in adozione un bambino?”.

Faccio un respiro profondo e tiro fuori il Codice della famiglia: non si parla di nessun limite d'età massimo per i genitori adottivi.

La decisione finale di dare in adozione un bambino viene presa sulla base di un insieme di caratteristiche e prerequisiti: stato di salute, stabilità del reddito, condizioni abitative e la possibilità del candidato di garantire il pieno sviluppo del bambino. L’età dell’adottante, ovviamente, viene presa in considerazione in ogni caso specifico, ma non dovete affatto scoraggiarvi e metterci una croce sopra solo perché avete già compiuto i trentacinque.

Adottare è costoso

"Quanto hai pagato?”, è una domanda che mi fanno spesso. E anche in questo caso si sente di tutto: dal pagamento per le cartelle cliniche alle tangenti per avere un bambino sano.

Le adozioni in Russia sono gratuite. Solo tre volte ho messo mano al portafoglio e sempre per mia iniziativa. La prima volta per un corso di formazione presso una scuola per genitori adottivi. A Mosca ce ne sono diverse gratuite ma io volevo studiare in una scuola in particolare, con un programma specifico.

Le foto colorate dai bambini

La seconda volta per un esame obbligatorio. Sono dovuta passare attraverso una commissione in un centro privato di certificazione. E la terza per rivolgermi a un avvocato e prepararmi alla fase giurisdizionale dell'adozione.

E questo è tutto. In nessun caso mi hanno fatto intendere che dovevo “pagare qualcosa”. E prima di trovare il mio bambino ho visitato cinque città e ne ho chiamate varie decine.

Le autorità spesso chiedono documenti aggiuntivi ma la gente qui è piuttosto indifferente, più di quanto vi possiate immaginare. E per quanto riguarda le somme esorbitanti che, secondo le voci, chiederebbero ai candidati per un bambino sano, nel mio caso sono rimaste solo delle voci.

Non ci sono bambini

Gli adottanti vengono messi in interminabili liste d’attesa di diversi anni. Aspettano il bambino perfetto senza, però, poter realmente vedere i bambini. Anch’io per i primi mesi la pensavo così. Nella pratica, però, basta saper cercare.

Ad occuparsi dei processi adottivi in Russia sono gli organi federali di potere esecutivo preposti e il Ministero dell’Istruzione. Poi vi sono, in ordine, i centri di tutela e le banche dati sui bambini. Il mio compito era di cercare in entrambi questi posti.

Mi sono segnata su una cartina le città in un raggio di 200 chilometri, ho selezionato quelle in cui volevo iscrivermi alle banche dati, fatto una lista dei centri di tutela di Mosca e ogni settimana avevo un piano: fare due centri a Mosca, più una trasferta. Mi sono anche iscritta alla banca dati federale così da ricevere indicazioni su come conoscere i bambini di città lontane.

Ho cercato di non perdere nemmeno un’occasione. Sono andata alle "giornate aperte", durante le trasferte di lavoro ho cercato di ritagliarmi un paio d'ore per andare a registrarmi presso le banche regionali. Ho seguito i principali aggiornamenti sulle pagine web delle maggiori fondazioni senza scopo di lucro. Cercare un bambino è un vero e proprio lavoro; una gioia per quanti riescono a trovare dei genitori, un dolore per quanti invece devono rimanere. E ciò significa che bisogna riniziare a cercare di nuovo fino a quando non si trova il biglietto fortunato.

A volte poi succede che non vi capiti proprio il bambino che sognavate. Un bambino invece che una bambina, un bambino in età scolare invece che un bebè. Ma ciò non importa. L'importante è che c’è una famiglia felice in più che si allarga.

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